SEGUI LE COPPE EUROPEE DI SOFTBALL CON LA ITALPOSA FORLI'


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lunedì 27 agosto 2018

Paralipomeni

Post liminem di coppa. C'è una sfumatura interessante che può meritare riflessione. Una riflessione che però fermenta da almeno due anni.

Le due squadre più forti del torneo, le vincitrici e l'Olympia Haarlem, conformemente alla nuova disciplina ESF dei tesseramenti avevano tra le loro file diverse "comunitarie". Sì, perfino gli olandesi che tanto hanno fatto i "puristi", anche in tempi recenti, avevano nel roster due giocatrici passaportate e una polacca (e una americana, Floyd).
Questa non è certo la novità della settimana: la strada l'hanno aperta le Dornbirn Sharx degli anni 2000, club austriaco che volendo essere competitivo in Europa, e non avendo delle "fondamenta" nazionali adeguate, ha scelto di diventare multinazionale. Il Bussolengo di Forlì2018, con cinque straniere in campo su dieci giocatrici, non ha inventato niente: nelle Sharx che hanno vinto la finale di Coppa Campioni c'erano sette titolari non austriache su nove. Parliamo di 2009: potrebbe essere stato un punto di non ritorno.

Era un bene e un male nello stesso tempo, si notò subito. Un bene per "il movimento": c'era la speranza di allargare gli orizzonti del softball, estendere la competizione al di fuori del solito terzetto Olanda-Italia-Repubblica Céca, incoraggiare la concorrenza. Il fenomeno-Dornbirn si ridimensionò in un paio di anni, il terzetto rimase e rimane tuttora.

Allo stesso tempo, la filosofia-Sharx andava ad intaccare alla base il concetto di rappresentatività nazionale. A differenza di calcio, basket, volley eccetera eccetera eccetera, nella "palla soffice" il concetto è sopravvissuto. Si vorrebbe poter parlare di "idea romantica" del softball, ma non ha senso: semplicemente, per carenza di risorse, di praticanti, di grandi palcoscenici, il softball è rimasto sport di nicchia ancorato a situazioni locali e quindi è normale che, anche ad alto livello, nella squadra di una città vi siano le giocatrici di quella città e di quella nazione.

Quanto seminato da Dornbirn si è sublimato nel paradosso estremo, il Mediterraneo Malta, vale a dire una squadra rappresentante una federazione senza campionato, composta da australiane con passaporto maltese, o da italiane, o da altre comunitarie.

Ed ecco la conclusione: questo non è per forza il Male, è solo una delle possibili strade da prendere. Si vuole crescere adeguandosi ai comportamenti degli sport più lucrosi? sognare in l'Europa una situazione di livello professionistico, come negli Usa, come in Giappone? oppure limare, disciplinare, correggere per evitare che anche il softball diventi una competizione a due velocità, chi può sta davanti e didietro tutti quanti? o ancora cercare vie "sovraniste", per adoperare un aggettivo abusato? o che?

Si tratta solo di decidere qual è la strada.